Il Liposarcoma
Introduzione
Il termine “liposarcoma” si riferisce ad uno spettro di processi neoplastici che vanno da lesioni dal comportamento essenzialmente benigno a lesioni francamente maligne, più aggressive e con una spiccata tendenza alla recidiva locale o a distanza (metastasi). Le decisioni riguardanti il trattamento e la gestione del liposarcoma sono guidate dalle caratteristiche note e dal comportamento dei differenti sottotipi istologici. Mentre molti dei principi che governano la valutazione e la gestione di altri sarcomi dei tessuti molli trovano certamente applicazione nel liposarcoma, esistono caratteristiche uniche di questo istotipo che meritano una speciale considerazione. La gestione di questi tumori richiede un “team” multidisciplinare e dovrebbe essere effettuata in centri esperti nei diversi aspetti della cura dei pazienti affetti da sarcoma.
Premesa
Rispetto ad altri tipi di neoplasie maligne, i sarcomi dei tessuti molli sono relativamente rari. Ogni anno vengono diagnosticati approssimativamente 5000 nuovi casi di sarcoma (Sim 1994), vale a dire circa l’1% di tutte le nuove diagnosi di tumore per anno (Lewis 1996). Il liposarcoma rappresenta dal 9.8% al 18% di tutti i sarcomi delle parti molli, ed è il secondo sarcoma per incidenza dopo l’Istiocitoma fibroso Maligno (IFM), (Peterson 2003, Enzinger 1995).
Il liposarcoma si sviluppa da cellule che vanno incontro a differenziazione adiposa. Si tratta tipicamente di una malattia dell’adulto, con un picco di incidenza fra i 40 e i 60 anni e che mostra una lieve predilezione per il genere maschile (Enzinger 1995). Quando il liposarcoma si sviluppa in popolazioni pediatriche, tende a presentarsi nella seconda decade di vita (Coffin 1997). In entrambi i casi la sede di insorgenza più comune è costituita dai tessuti molli profondi delle estremità, in particolare più del 50% dei casi di liposarcoma si sviluppa a carico della coscia (Coffin 1997, Pisters 1996). In questa sede la sua presentazione è generalmente quella di una massa non dolente, a lenta crescita. Spesso la lesione viene notata dopo un trauma minore sull’area interessata. La comparsa di una tumefazione dura che non si risolve con il tempo è spesso il motivo che spinge il paziente a recarsi dal medico. Sfortunatamente, data la scarsità dei sintomi iniziali e le buone condizioni del paziente (che “non si sente malato”), la diagnosi e il trattamento vengono in genere effettuati in ritardo.
Il liposarcoma è stato inizialmente descritto da R. Virchow nel 1857. Nel 1944 Arthur Purdy Stout scriveva “sicuramente uno dei più bizzarri e fantasiosi capitoli nella storia dell’oncologia è dato dai tumori lipomatosi. La strana maniera in cui crescono, le loro dimensioni sorprendenti … e molte altre caratteristiche peculiari … li rendono estremamente interessanti” Vedi R. Virchow, "Ein fall von Bosartigen zum Theil in der form des Neurons auftretenden Fettgeschwulsten," Arch A Pathol Anat Phys, 1857, 11: pp 281-288 e "Liposarcoma—the malignant tumor of lipoblasts", A. P. Stout, Annals of Surgery, 1944; 119( 1): pp 86-107.
Una caratteristica peculiare del liposarcoma è la sua tendenza a svilupparsi negli spazi viscerali, particolarmente nel retroperitoneo. Fino ad un terzo dei liposarcomi può interessare questa sede (Peterson 2003). La presentazione del tumore in tale contesto può essere alquanto differente. Mentre una massa che cresce a carico di una coscia può essere facilmente apprezzabile, una lesione del retroperitoneo viene in genere scoperta molto più tardivamente, potendo lo spazio retroperitoneale accogliere masse anche molto voluminose prima che diventino sintomatiche. Inoltre, i sintomi predominanti tendono ad essere legati alla ostruzione del tratto urinario o intestinale per fenomeni compressivi da parte del tumore. La gestione dei liposarcomi in questa sede può essere particolarmente impegnativa.
Vale la pena menzionare il fatto che, oltre alle due localizzazioni sopra descritte, il liposarcoma può presentarsi in molte altre sedi. I tumori che si sviluppano a carico del distretto testa-collo rappresentano circa il 5%, mentre quelli a carico delle estremità superiori sono circa il 10%. Altre localizzazioni meno usuali possono includere il funicolo spermatico, la cavità peritoneale, l’ascella, la vulva e anche la mammella. Mentre si suppone che la grande maggioranza dei liposarcomi insorga “ex novo”, quelli a carico della mammella possono svilupparsi da un cistosarcoma filloide preesistente (Donegan 1979, Ausin 1986). Non è provato che i liposarcomi prendano origine da lipomi benigni.
Anamnesi ed esame obiettivo
La maggior parte dei pazienti si presenta dal medico lamentando la comparsa di una massa palpabile, generalmente non dolente, a meno che un trauma qualsiasi si sia verificato. Come già accennato, il liposarcoma può raggiungere grandi dimensioni, in base alle sedi coinvolte. La consistenza può essere soffice e carnosa o estremamente dura alla palpazione, a seconda che il tumore assomigli o meno al grasso maturo o a seconda del grado di differenziazione della lesione. Nelle fasi iniziali è importante distinguere voluminosi lipomi benigni da un liposarcoma. Possono suggerire una natura maligna masse di diametro superiore ai 5 cm, lesioni profonde, fisse sui piani sottostanti (Sim 1994). Come nella valutazione di una qualsiasi massa, è indispensabile uno scrupoloso esame obiettivo e particolare attenzione va posta nel controllo del torace, dell’addome e della pelvi, oltre all’estremità interessata.
La diagnostica per immagini nel liposarcoma
Dopo un’accurata anamnesi ed esame obiettivo, è necessario condurre accertamenti radiologici. Per le lesioni delle estremità il primo passo è una radiografia standard, che ci permette di capire se l’osso è interessato oppure no. Successivamente si effettua, usualmente, una Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) con e senza mezzo di contrasto. La RMN può essere abbastanza distintiva e può suggerire la diagnosi anche prima della biopsia. Questo dipende in larga misura da quanto il tumore assomiglia al grasso normale (cioè quanto è “ben differenziato”); Figura 1.
Alla RMN il liposarcoma appare generalmente ben circoscritto e lobulato (Arkun 1997). La captazione del mezzo di contrasto dipende dal livello di differenziazione. I liposarcomi ben differenziati presentano, in genere, una minore captazione di mezzo di contrasto, contrariamente a quanto osservato nei sottotipi più aggressivi come quelli a cellule rotonde, i liposarcomi pleomorfi e dedifferenziati. Il liposarcoma mixoide, una forma a malignità intermedia, mostra una discreta eterogeneità nell’acquisizione del mezzo di contrasto (Arkun 1997). Altri reperti caratteristici sono dati da sottili setti fibrosi, aspetto nodulare e captazione del mezzo di contrasto nelle sequenze di soppressione per il grasso (Deterso 2003). Possono osservarsi, inoltre, aree emorragiche e necrotiche; Figura 2.
Liposarcoma: Stadiazione e Biopsia
Ogni volta che si sospetta un sarcoma sulla base di esame obiettivo e immagini radiologiche, si deve procedere alla stadiazione e alla biopsia. Questo ci permette di determinare la natura della lesione e di verificarne l’estensione ed eventuale diffusione a distanza. Lo studio radiologico della lesione rappresenta, come sopra menzionato, un momento fondamentale della stadiazione. Inoltre, poiché i polmoni costituiscono la più comune sede di metastasi, una radiografia e una TAC del torace vengono effettuate di routine. Nel Liposarcoma, dato il relativamente comune interessamento dello spazio retroperitoneale, è inoltre raccomandata una TAC dell’addome. Gli esami di laboratorio comprendono il controllo di emocromo, VES, parametri biochimici. Questi esami possono fornire indicazioni circa la risposta sistemica dell’organismo al tumore e costituire una base sulla quale monitorare l’effetto delle cure.
La Biopsia è fondamentale, rappresentando la metodica con la quale una porzione di tessuto tumorale viene prelevata per formulare una diagnosi definitiva. L’istologia del tumore (vale a dire l’aspetto del tumore al microscopio) ci fornisce importanti indizi sul suo comportamento. Il tessuto da analizzare può essere ottenuto tramite agoaspirato o mediante una metodica “aperta” di biopsia incisionale o escissionale. Le tecniche bioptiche a cielo aperto rappresentano procedure chirurgiche da effettuare in sala operatoria e forniscono all’anatomopatologo sicuramente una maggiore quantità di tessuto, tuttavia non sempre sono necessarie o, addirittura, appropriate. Poiché molte delle lesioni dei tessuti molli sono facilmente palpabili, un’agobiopsia è più che sufficiente. Questa manovra viene in genere condotta dal radiologo sotto guida TAC. Talvolta può rendersi necessaria una biopsia incisionale al fine di ottenere una maggiore quantità di tessuto. Ciò implica l’incisione della cute e l’asportazione di piccoli frammenti di tumore che verranno esaminati. Ad eccezione di rare condizioni, nel sospetto di sarcoma, la biopsia escissionale (cioè l’intera rimozione della lesione) dovrebbe essere evitata essendo preferibile una resezione definitiva ben pianificata sulla base di una corretta diagnosi e stadiazione completa.
Anatomia patologica
Una volta condotta la biopsia o la resezione del tumore, il campione prelevato viene analizzato al microscopio per determinare l’istologia della lesione. Esistono diversi test aggiuntivi utili per la formulazione di una diagnosi corretta. Per questo motivo, una risposta definitiva può richiedere diversi giorni e, talvolta, alcune settimane.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce attualmente quattro sottotipi di liposarcoma: ben differenziato (o lipoma atipico), mixoide, pleomorfo e dedifferenziato (Christopher 2002). Sebbene queste categorie rappresentino elementi diversi di uno stesso spettro di patologie, ogni entità mostra caratteristiche proprie. La tabella 1 riporta una descrizione semplificata dei sottotipi sopra citati. Vedi anche Figura 3 e Figura 4.
Ben differenziato | Include il lipoma atipico Sottotipo più comune (50% dei liposarcomi) Basso grado (non metastatizza ma può recidivare localmente) Rischio di dedifferenziazione |
Mixoide | Grado intermedio Include la variante a cellule rotonde come sua controparte ad alto grado Istotipo più commune nelle popolazioni pediatriche Rischi metastatico, specialmente nella variante a cellule rotonde |
Pleomorfo | Istotipo raro (5-10% di tutti i liposarcomi) Alto grado Può mimare un IFM o anche un carcinoma o un melanoma Alto rischio di recidiva locale e metastasi |
Dedifferenziato | Sarcoma ad alto grado che insorge in associazione ad un liposarcoma ben differenziato (IFM, fibrosarcoma) Più comune nelle lesioni retroperitoneali Rischio di metastasi |
Una serie di alterazioni genetiche è correlata al liposarcoma. Il liposarcoma ben differenziato può essere associato ad alterazioni della regione q13-15 del cromosoma 12 (Rubin 1997). Alterazioni simili sono state riscontrate nel liposarcoma dedifferenziato. L’alterazione genetica forse meglio caratterizzata è quella riscontrata nel liposarcoma mixoide ed è costituita da una traslocazione, vale a dire uno scambio di materiale genetico fra due cromosomi. Nel liposarcoma mixoide la traslocazione avviene fra il cromosoma 12 e il cromosoma 16. Il risultato è un gene denominato TLS-CHOP, il quale risulta essere un oncogene, cioè un gene che, quando espresso, può portare alla formazione di un tumore. Questa particolare traslocazione, con il suo prodotto, è riscontrata solo nel liposarcoma mixoide e pertanto è diagnostica di questo tumore (Rubin 1997).
Una volta che il tumore è stato tipizzato istologicamente, la stadiazione è completa e può essere pianificato un adeguato trattamento. La Tabella II riporta il sistema di stadiazione comunemente utilizzato dagli oncologi che si occupano di neoplasie muscolo-scheletriche (modificato da Enneking 1980).
Stadio | Grado | Sede |
IA | Basso | Intracompartimentale (all’interno del compartimento osseo o muscolare di origine) |
IB | Basso | Extracompartimentale |
IIA | Alto | Intracompartimentale |
IIB | Alto | Extracompartimentale |
III | Qualsiasi grado + Metastasi | Qualsiasi + Metastasi |
Trattamento del Liposarcoma
Analogamente ad altri sarcomi, il liposarcoma è principalmente una malattia chirurgica. L’obiettivo principale della chirurgia è quello di rimuovere interamente il tumore e di prevenire le recidive. Tale obiettivo è maggiormente realizzabile con una resezione ampia o radicale; vedi Tabella III.
Intralesionale | Curettage Rimozione parziale del tumore |
Marginale | Possibilità di residuo tumorale microscopico |
Ampia | Rimozione del tumore e di tessuto sano circostante |
Radicale | Rimozione dell’intero compartimento Include gli interventi di amputazione |
Sebbene, nel passato, l’amputazione abbia rappresentato la metodica chirurgica di scelta nel trattamento di questi tumori, attualmente la maggior parte delle lesioni viene trattata con interventi chirurgici conservativi. Ciò è in larga misura da ricondurre ai progressi raggiunti nella conoscenza del comportamento dei sarcomi e nelle tecniche di radioterapia. Tali progressi hanno permesso di passare da una percentuale di amputazioni superiore al 50% all’attuale 5% (Spiro 1997). Tuttavia, un intervento conservativo non deve essere attuato a discapito della radicalità oncologica e dovrebbe garantire un risultato funzionale superiore a quello di una protesi esterna dopo un intervento di amputazione. Va peraltro sottolineato che deficit funzionali importanti possono verificarsi anche dopo interventi di chirurgia conservativa. Le sequele funzionali possono variare in maniera significativa, in funzione delle dimensioni e localizzazione del singolo tumore e sono in relazione alla rimozione dei tessuti associati alla lesione (ad esempio muscoli, tendini, nervi, ecc…). In alcuni casi, interventi di ricostruzione possono attenuare o minimizzare queste sequele; Figura 5).
Sebbene un controllo locale venga raggiunto nel 85-90% dei casi con la combinazione di chirurgia e radioterapia (Spiro 1997), è ancora in discussione se sia preferibile attuare il trattamento radioterapico prima o dopo l’intervento chirurgico. La radioterapia preoperatoria presenta il vantaggio di consentire dosi più basse di radiazioni su un’area più piccola. Inoltre il tumore può subire una riduzione dimensionale facilitando il lavoro del chirurgo. Il rovescio della medaglia è rappresentato dalla maggiore incidenza di complicazioni chirurgiche, in particolare quelle legate alla ferita. Pollak e collaboratori (1998) hanno riportato una percentuale di complicazioni, a livello della ferita chirurgica, del 25% in pazienti trattati con radioterapia preoperatoria, rispetto al 5% osservato in pazienti sottoposti al trattamento radiante post chirurgico. È stato tuttavia suggerito che il migliore risultato oncologico e la minore incidenza di sequele funzionali permanenti possa giustificare il ricorso alla radioterapia preoperatoria, nonostante l’aumentata incidenza di complicazioni (Virkus 2002). Il ruolo della chemioterapia nel trattamento del liposarcoma rimane controverso e viene stabilito caso per caso.
Quello che comunemente si ritiene è che il comportamento di un dato tumore sia conseguente al sottotipo istologico di appartenenza (vedi sotto). Un liposarcoma ben differenziato, trattato con chirurgia e radioterapia preoperatoria presenta una percentuale di recidiva locale inferiore al 10% e, virtualmente, un’incidenza di metastasi a distanza dello 0% (Zagars 1996). Al contrario il liposarcoma pleomorfo può recidivare in 1/3 dei pazienti e diffondersi a distanza nel 40% dei casi. La sopravvivenza riportata, a 5 e 10 anni, dei pazienti con liposarcoma ben differenziato è del 100% e 87%, nelle varianti mixoidi scende al 88% e 76% fino a percentuali del 56% e 39% nel liposarcoma pleomorfo (Zagars 1996, Chang 1989).
Le recidive locali dipendono in gran parte dallo stato dei margini chirurgici. Margini inadeguati comportano un aumentato rischio di recidiva (Sadoski 1993) con conseguente risultato meno soddisfacente (Spiro 1997). In alcune situazioni particolari un intervento di amputazione può rappresentare il trattamento chirurgico di scelta. Mentre lo scopo principale è quello di rimuovere interamente il tumore, l’amputazione non riveste alcun ruolo nel trattamento della malattia metastatica e non protegge totalmente dal rischio di recidiva locale. Quando è necessario un intervento di amputazione, spesso viene proposto al paziente l’utilizzo di una protesi esterna, in base al livello e alla parte anatomica asportata. Il risultato funzionale sarà ovviamente migliore quante più articolazioni potranno essere conservate. Gli elementi essenziali per un riuscito passaggio all’utilizzo di una protesi esterna di un arto sono dati da personale tecnico preparato, da programmi di terapia fisica che comprendano una corretta cura del moncone assieme a un addestramento adeguato e, soprattutto, un paziente realmente coinvolto e motivato.
Follow Up
Una volta che il tumore è stato asportato e le terapie adiuvanti sono state completate, sono opportuni periodici controlli per evidenziare tempestivamente eventuali segni di recidiva locale o di metastasi a distanza. Tali controlli comprendono in genere un esame obiettivo, radiografie della sede operata e indagini radiologiche del torace e del distretto addominopelvico (solitamente TAC). Questi controlli possono proseguire anche per il resto della vita del paziente. Nel caso in cui venga rilevata una ripresa della malattia,il paziente verrà sottoposto alle cure più appropriate e indicate.
Un’eventualità che può talora verificarsi dopo un trattamento radioterapico è quella di sviluppare un sarcoma radioindotto. Per definizione questo sarcoma insorge su tessuti precedentemente irradiati e sani prima della radioterapia (Arlen 1971). Tende a svilupparsi dopo 2-3 anni dal trattamento, ma può comparire fino a 30 anni più tardi. L’istologia più comune è quella dell’Istiocitoma Fibroso Maligno (70%) ed è tipicamente ad alto grado (Enzinger 1995). Le percentuali di sopravvivenza riportate sono del 5-26% (Robinson 1988, Laskin 1988).
Conclusioni
Il termine Liposarcoma si riferisce ad una serie di neoplasie maligne il cui comportamento dipende dal sottotipo istologico. Tuttavia il trattamento è essenzialmente simile a quello di tutti i sarcomi dei tessuti molli. In particolare comprende la combinazione di chirurgia e radioterapia con o senza chemioterapia. È importante che il paziente venga seguito assiduamente per riconoscere ogni segnale di recidiva o metastasi. Questo è tanto più vero nel liposarcoma che può mostrare quadri inusuali di recidiva locale o metastasi (Vassilopoulos 2001, Linehan 2000, Pearlstone 1999).
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Figura 1: Immagini assiali e coronali di una RMN che mostrano un’ampia, ma relativamente omogenea, lesione ben delimitata della radice della coscia sinistra in un ragazzo di 20 anni. Questo aspetto lobulato è caratteristico dei lipomi benigni e dei liposarcomi ben differenziati.
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Figura 1: Immagini assiali e coronali di una RMN che mostrano un’ampia, ma relativamente omogenea, lesione ben delimitata della radice della coscia sinistra in un ragazzo di 20 anni. Questo aspetto lobulato è caratteristico dei lipomi benigni e dei liposarcomi ben differenziati.
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Figura 2: Immagini assiali, pesate in T1 e STIR, di un liposarcoma mixoide del compartimento posteriore della coscia in una donna di 41 anni. La lesione appare eterogenea e non presenta la stessa intensità del grasso sottocutaneo circostante. Da notare il significativo edema associato. Queste caratteristiche sono altamente suggestive di lesione maligna.
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Figura 2: Immagini assiali, pesate in T1 e STIR, di un liposarcoma mixoide del compartimento posteriore della coscia in una donna di 41 anni. La lesione appare eterogenea e non presenta la stessa intensità del grasso sottocutaneo circostante. Da notare il significativo edema associato. Queste caratteristiche sono altamente suggestive di lesione maligna.
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Figura 3a: Pezzo chirurgico di un liposarcoma ben differenziato (immagine mostrata in figura 1). L’aspetto è simile a quello del grasso maturo.
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Figura 3b e 3c: Al microscopio sono visibili cellule “ad anello con castone” simili al normale tessuto adiposo. Ad alta risoluzione si apprezzano lipoblasti strettamente associati a cellule fusate (tipiche dei sarcomi).
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Figura 3b e 3c: Al microscopio sono visibili cellule “ad anello con castone” simili al normale tessuto adiposo. Ad alta risoluzione si apprezzano lipoblasti strettamente associati a cellule fusate (tipiche dei sarcomi).
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Figura 4a: Campione di un liposarcoma mixoide. Accanto ad aree simili al grasso, sottili setti fibrosi e un tessuto eterogeneo suggeriscono un processo più aggressivo di quello mostrato in Figura 3
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Figura 4b: istologicamente si notano aree tumorali ad alto grado caratterizzate da un’alta cellularità, alto indice di atipia nucleare e di figure mitotiche. Rispetto al liposarcoma ben differenziato sono visibili meno cellule “ad anello con castone”.
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Figura 5: Fotografia intraoperatoria di un intervento di chirurgia conservativa per un voluminoso liposarcoma. La prossimità alle strutture nervose può rendere difficoltoso il raggiungimento di margini ampi. Spesso viene attuato un trattamento di radioterapia e/o chemioterapia preoperatoria nella speranza di ridurre la massa tumorale e preservare nervi e vasi sanguigni, rendendo così fattibile un intervento conservativo senza compromettere la radicalità oncologica.